lunedì 4 settembre 2017

lunedì 7 agosto 2017

"Oltre il nulla " Recensione su chiacchiere e distintivo di Roberto Bonfanti


Trovate la bellissima recensione di Roberto Bonfanti sul blog


Trovate Online su Amazon l'ebook "Oltre il Nulla"

Della stessa Collana sia in ebook che in edizione Cartacea 
altri titoli su Amazon Store: 

Trovate inoltre sul blog Chiacchiere e distintivo la recensione di 

e la Bella intervista fatta da Roberto Bonfanti 


Buona Lettura !!!

mercoledì 2 agosto 2017

Novita' !! Ultimo Nuovo romanzo disponibile su Amazon !!




Quindici anni, il tempo scorre inesorabile, come la vita.
Jackson si risveglia dal torpore, dalla noia di una vita che ha lasciato il segno.
Torna sulla strada per cercare una via di fuga da quel mondo che gli sta stretto, dalla decadenza di ciò che lo circonda.
Da Hell Town un viaggio che lo porta a rimettersi in gioco, fuggendo i pensieri, le paure e le proprie speranze, ancora verso Nowhere cercando la redenzione e oltre, la dove può, forse ricominciare una nuova esistenza.

“…brandelli umidi di anime sole e tante piccole bugie arenate sulla riva, perché questo sono i sogni, sono solo bugie se non si trasformano in realtà.”

Il tempo, i ricordi, come un’onda, l’abbiamo cavalcata quell’onda, nei giorni in cui ci era permesso, quando i privilegi di cui eravamo portatori ci hanno dato l’incoscienza di surfare sulla sua cresta e vedere tutto da una prospettiva che in pochi hanno potuto apprezzare.

Tutto o niente, ora è tempo di rock’n roll.



NOVITA'





NON PERDETEVI L'OCCASIONE

DI LEGGERE QUALCOSA DI DIVERSO !! 


lunedì 10 luglio 2017

Un ebook da portare sotto l'ombrellone !!!

Un ebook da portare sotto l'ombrellone !!!


Il viaggio di Jey, un piccolo trafficante di marijuana, in una America polverosa e onirica.
Abbandonato dal suo compare Vik, il protagonista parte alla sua ricerca, affrontando una serie di avventure, costellate da incontri con loschi personaggi, delitti, miraggi e fughe rocambolesche.
Le sue peregrinazioni sono scandite da luoghi simbolici, anche nei nomi: Crossroad, Nowhere, Hope, a rappresentare un viaggio più che altro nella propria coscienza, quasi un rituale iniziatico, che, soprattutto nel finale, diventa una riflessione sull’esistenza.
Buona la scrittura, Massimo Ginestri usa un registro “visivo”, compone un romanzo che è in pratica un road movie, il lettore attento non farà fatica a trovare gli echi di tanta letteratura e filmografia di genere, si va da certe cose di Neil Gaiman all’iconico On the road, ma non scade mai nell’emulazione, plot e svolgimento sono del tutto originali.
Alla fine, comunque, il messaggio è affine a quello di “papà” Kerouac: Quello che conta è il viaggio. 
Consigliato. (Roberto Bonfanti)

"NEL CUORE DELLA STRADA..." e-Book !!




lunedì 26 giugno 2017

Ebook kindke online su amazon

Nuova Edizione in Ebook Kindle

Su Amazon

 Ebook Kindle - Amazon

«SEI MAI STATO OLTRE IL CONFINE?»
«MOLTE VOLTE, FORSE ANCHE TROPPE.»
«DA CHE PARTE OLTRE IL CONFINE?»
«DOVUNQUE. OGNI VOLTA UN POSTO DIVERSO. 
OGNI VOLTA LO STESSO POSTO.»

C’è una strana poesia dietro la decadenza. È così ed è sempre stato così. I grandi poeti lo sapevano e l’hanno sfruttata senza farsi troppi problemi. 
Anche in queste pagine c’è una strana poesia. Viene sempre da quel senso di decadenza che accompagna le storie di strada, le storie di quella gente che si trova dalla parte opposta a chi è “arrivato”. Bassifondi in cui rubare un sacchetto di marijuana significa che qualcuno finirà molto male. 
Impietosa, bastarda, maledetta e meravigliosa storia di strada. Da qui a Nowhere, attraverso un
deserto senza distributori di benzina, e poi magari fermarsi ad Overthere, scoprendo che dietro ogni nome ed ogni riferimento c’è qualcosa da capire...

NON LASCIARTI SFUGGIRE L'OCCASIONE DI LEGGERE QUALCOSA DI DIVERSO !!


lunedì 19 giugno 2017

Capitolo 2 - Gli anni delle anime pure.


Capitolo 2

Gli anni delle anime pure.

Le estati si susseguirono rapide come i vagoni di quel lungo treno che quasi li aveva uccisi.
Ralph e Jack crescevano come anime pure in un mondo così sporco da lordare le ali degli angeli.
La loro amicizia era legata da un indissolubile filo, duro come il più resistente dei metalli, niente avrebbe potuto reciderlo.
La scuola diventava sempre più piccola, così i banche  e le sedie, mentre loro stessi e le loro anime crescevano nell’assoluta indifferenza della gente, spiriti liberi, non curanti di nulla e nessuno.
Il loro mondo era anni luce di distanza da quel piccolo pianeta su cui il resto delle persone trascorreva la propria esistenza, il loro mondo era dentro di loro.
Le scuole medie le trascorsero in differenti istituti, ma poco importava, i centimetri di muro, le ore di lezione e le strade che li separavano erano solo una lunga attesa prima della campanella.
Jack benché avesse una famiglia con problemi difficili da comprendere, soprattutto per un bambino di quell’età, era riuscito a mettersi a pari con gli studi ed in questo Ralph aveva di che vantarsi, poiché si era sempre reso disponibile e soprattutto utile nell’aiutarlo con i compiti e le lezioni. Fu una piccola ancora di salvezza, del resto questo fanno gli amici, altrimenti a cosa servono.
Jack dal canto suo ripagò il suo amico portandolo a conoscenza di talune cose che nel mondo sono degne di essere svelate, una su tutte la musica e la passione.
Già la passione per un qualcosa di così grande che possa farti sognare di essere qualcun altro, in un qualsiasi altro posto che non sia qui.
La passione che cresceva in Jack era grande, così come grande era la curiosità che Ralph aveva.
Una curiosità che lo spingeva a seguire Jack nelle sue letture e nei suoi ascolti.
La piccola radio che risuonava sotto il portico riusciva sempre a farli sognare, e si immaginavano re del rock, sopra un palcoscenico, con in mano una bianca chitarra e la gente sotto il palco che gridava per loro, ed il manico di scopa ora era l’asta di un microfono, ora il manico di una stratocaster.

L’ultima estate passata da ragazzini fu la più rapida a scorrere, i primi timidi peli sul petto e quell’incalzante richiamo della natura che si chiama pubertà li facevano fremere di conoscere l’altra parte del mondo, quella che porta le gonne colorate e i calzini a fiorellini.
Arrivò presto settembre, il caldo era ancora lì, come sempre a circondare ogni cosa, a sollevare la polvere, a seccare le labbra.
Ralph quella mattina prese il motorino che gli era stato regalato per la promozione all’esame di giugno.
Non aveva ancora l’età giusta, l’obbligo era di usarlo solo intorno a casa, ma Ralph con molta attenzione si arrischiava di guidare lungo le strade di campagna fino in città, evitando di incappare nella legge, per andarsi a comprare un gelato, un giornale a fumetti o andare ad ascoltare la radio insieme a Jack.
Quella mattina arrivò fino al cortile della scuola, nessuno lo guardava, in pochi lo conoscevano, la scuola era nuova, così come quelli che sarebbero stati i suoi futuri compagni.
Ralph si ritrovò in piedi,con lo zaino appoggiato ai piedi, guardandosi intorno, curioso, stupito.
Con lo sguardo severo e curioso scrutava i volti, i  capelli, le calze a pois e quelle gonne un po’ più corte dell’anno prima e quelle gambe che da esili, ora avevano preso un po’ forma e gli scatenavano stranamente un certo subbuglio nello stomaco.
Jack arrivò di soppiatto, quasi di nascosto, teneva un profilo basso, distante, lo zaino tra le mani, quasi trascinato per terra, come se il peso fosse troppo da portare, non sulle spalle, ma nel cuore.
A Jack non piaceva la scuola, non gli era mai piaciuta, Jack voleva vivere la propria vita secondo i suoi valori, secondo i suoi desideri, cavalcando quei sogni che forse un giorno lo avrebbero portato lontano da quel piccolo mondo che già allora gli stava stretto come i pantaloncini blu che indossava sopra un paio di scarpe da tennis vissute.
Ralph sorrise, alzò il braccio e salutò il suo amico, sollevò lo zaino sulle spalle e gli si fece incontro. Un mesto saluto, colmo di rassegnazione uscì dalle labbra di Jack.
“Dai ragazzo, ci divertiremo” rispose Ralph mettendogli un braccio attorno al collo.

Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

mercoledì 17 maggio 2017

Spuma e sassi ...




Spuma e sassi


Ralph restò con gli occhi aperti a guardare l’infinito, il vuoto del canyon era riempito solo dal silenzio irreale di una muta rassegnazione. Si lasciò cadere seduto per terra, il fiato spezzato e il cuore che batteva al limite del collasso. Un istante che durò un’intera vita percorso da pensieri e proiezioni verso un futuro che sarebbe potuto essere.

I suoni si fecero ovattati e lasciarono il posto ad un ronzio continuo, fastidioso, che gli riempieva la testa.

Il naso cominciò a colare e gli occhi lucidi si gonfiarono di lacrime, Ralph si portò le mani al volto e scoppiò in un pianto incontrollato, frammezzato da parole senza senso, senza connessione logica. L’ombra scura gli disegnò la sagoma di un corpo sui calzoni,una mano tremante gli si appoggiò sulla spalla. Jack si allungo sporgendosi sopra il corpo rannicchiato dell’amico a guardare il vuoto sotto la riva.

“Urca, che volo sarebbe stato, c’è mancato poco” sbuffò Jack, tra una pausa di riflessione e un sorso di spuma.

“Tieni, missà che ne hai bisogno di un sorso”, aggiunse porgendo la bottiglietta mezza vuota al piccolo amico.

Ralph si alzò di scatto asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani, prese la bottiglietta e in un solo sorso finì ciò che restava della spuma.

“bell’amico che sei, te ne sei bevuto più di metà” gli disse, buttandogli le braccia al collo.

Si abbracciarono forte, a suggellare un’amicizia saldata da un’esperienza che li avrebbe uniti per sempre.

Cominciarono a ridere e a singhiozzare contemporaneamente, per la gioia, per la paura, per il fatto che ora si sentivano un po’ più grandi di poco prima, e ad aiutarli a crescere era stato lo sbuffo di una locomotiva e un paio di traversine di legno. Come su lavagne bianche il destino tracciava sulle loro anime segni con gessetto bianco, il tempo ne avrebbe cancellato la maggior parte, sostituiti da altri, ma le tracce sulla lavagna sarebbero rimaste comunque per sempre.

Decisero di proseguire la passeggiata nel bosco lungo i binari del treno, camminavano tra le rotaie al centro della massicciata, prendendo a calci i ciottoli bianco ruggine come se ormai nulla potesse più toccarli. Fu una lunga giornata, i due amici tornarono sui loro passi solo verso il tardo pomeriggio, attraversarono il ponte senza riserve, si fermarono persino a lanciare alcune pietre prese dalla massicciata della ferrovia, guardando i cerchi che trasportati dalla lenta corrente si perdevano fino ad infrangersi sulle rive.

Recuperarono la bicicletta di Ralph che la spinse senza salirci sopra fino al limitare della radura, li dove la ferrovia curvando esce dal tunnel e si proietta verso la città

Si separarono, Ralph montò in sella alla sua bicicletta e jack si sistemò bene lo zainetto sulle spalle.

Con un semplice saluto con la mano alzata si accomiatarono l’uno dall’altro.

“Ciao Jack, ci si vede domani”disse Ralph.

“Domani non posso, devo accompagnare mia madre dal dottore”, rispose Jack.

“allora magari dopodomani?” aggiunse appoggiando il piede sul pedale.

“Si, magari dopodomani”.

“Ciao Jack”

“Ciao Ralph…, ci si vede”.

Con pochi colpi di pedali Ralph si allontanò dall’amico che a piedi tornava in città, lungo le stradine di terra impolverate, mentre il sole ancora alto cambiava lentamente colore alle spighe di grano, alle foglie mosse dalla brezza, alla polvere alzata dalla strada.


Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 16 maggio 2017

Corri uomo ...corri... (in attesa della pioggia)





Corri uomo....corri...


Le gambe tremavano come foglie mentre il cuore batteva al ritmo forsennato di un frenetico pezzo di rock’n roll. Ralph e Jack procedevano piano attenti a posare i piedi sopra le traversine sospese, con le mani si aiutavano ora tenendosi aggrappati ai piloni coperti di rossa ruggine, ora allargando le braccia come per tenersi in equilibrio.

Jack era un paio di passi più avanti, ogni qualvolta appoggiava la pianta del piede si voltava poi ad assicurarsi che l’amico lo stesse seguendo, forse più per farsi coraggio che per preoccupazione.Giunti quasi alla metà del ponte si fermò in attesa che Ralph lo raggiungesse, sbruffone, baldanzoso e spregiudicato, Jack si affacciò al bordo del ponte per dimostrare tuta la sua incoscienza.“Dai Ralph, muoviti, non posso mica stare tutto il giorno qui ad aspettarti”, gli gridò con il sorriso stretto tra i denti.

Ralph dal canto suo non aveva poi così fretta di correre, l’incoscienza lasciava il posto ad una commisurata consapevolezza che ciò che stavano facendo era tanto stupido quanto pericoloso e questo lo portava ad essere cauto e attento a non commettere banali imprudenze di cui non avrebbe avuto modo di pentirsi.

“Eccoti finalmente, amico mio, ce ne hai messo di tempo !” disse Jack al sopraggiungere di Ralph

“Ringrazia dio che sono qui, non è proprio una passeggiata”, gli rispose con la voce rotta dall’eccitazione.

“Dammi da bere, ne ho bisogno”, chiese Ralph .

“Lo hai tu lo zaino” affermò con stupore l’amico.


I due si guardarono reciprocamente le spalle, come se fosse un gesto naturale, ma lo zainetto restava lì, appoggiato tra i fili d’erba sul bordo della pista ferrata, in terra sicura.

“Oh no….sei il solito idiota...” borbottò Ralph, “..ora ci torni tu indietro a prenderlo”

“ Col cavolo…” rispose Jack.

“Io non ci torno indietro, lo zaino è il tuo e sono sicuro che se torni a casa senza tua madre te ne farà passare delle belle !!”

Fece un sospiro profondo, poi sbuffò come un treno in corsa, Jack si staccò dal pilone in ferro e cominciò a tornare indietro, passo dopo passo, traversina dopo traversina. Ralph restò lì, al centro del ponte, lentamente si sedette sul bordo di una traversina, con le gambe penzoloni sul vuoto e le mani saldamente aggrappate all’intelaiatura in ferro del ponte. Di tanto in tanto si girava verso l’amico che procedeva con passo lento ma sicuro verso la riva e gli gridava con un sinistrò quanto irridente sfottò “muoviti lumacone !!!”.

I pensieri di Jack si rivoltavano nella sua mente come calzini sporchi, tra la rabbia di essere stato così fesso da dimenticare lo zaino e la consapevolezza di essere tanto in gamba da permettersi di fare avanti e indietro lungo il ponte, cosa che forse era più semplice per lui che passeggiare nel centro città mentre tutti lo guardavano giudicandolo con gli sguardi. Jack arrivò all’ultima traversina, con un balzo la saltò, si girò verso Ralph e cacciando un urlo liberatorio alzò le mani al cielo in segno di vittoria.

In realtà le gambe molli e il fiato corto lo facevano sentire spossato, come se avesse corso per miglia e miglia. Raccolse lo zainetto e prese un’altra bottiglietta di spuma rossa, la stappò usando i denti con il rischio di rovinarseli tutti, ma in quel momento di euforica vittoria era il suo modo di dimostrare quanto fosse un vero duro.

Diede una bella sorsata, alzando la bottiglietta in alto all’indirizzo dell’amico, in quel momento la sua superbia era pari a quella di Allan Quatermain davanti all’ingresso delle miniere di re salomone, si sentiva inarrivabile. “Dai muoviti !! “ gli gridò Ralph da mezzo il ponte, “…non vorrai mica festeggiare da solo !!”

“Arrivo, Arrivo”, bofonchiò Jack, subito richiamato all’ordine dalla perentoria voce seria di Ralph. Più sicuro di prima, ritornò sui suoi passi e riprese a camminare sul ponte, sbeffeggiando l’amico saltellando ora avanti ora indietro sopra le traverse delle rotaie. Il tempo però scorre e sbuffa e fischia come un treno che viaggia diritto sui suoi binari. Ralph sgranò gli occhi non appena vide lo sbuffo di fumo nero uscire dalla galleria in lontananza, si alzò veloce in piedi e cominciò a muovere le braccia e a gridare “ MUOVITI…MUO VI TI , JACK CORRI !!!!”.

“Che fai ora non esagerare, sto arrivando !!” rispose stizzito Jack. “IL TRENO JACK, IL TRENO !!!” gridò Ralph mentre alzatosi in piedi cominciava a saltellare tra una traversina e l’altra. Jack si voltò non appena sentì il fischio che come un proiettile passò da una e riva all’altra saltando per intero il burrone.

Cominciò a saltellare veloce tenendo con una mano lo zaino e con l’altra la bottiglietta, poi più veloce sempre più veloce, cercando di raggiungere Ralph che nel frattempo si era dimostrato una lepre senza eguali. Le voci si rincorrevano “CORRI CORRI” mentre il fischio del treno rimbalzava tra i tralicci in ferro e si moltiplicava all’infinito.

Jack correva, con la spuma che schizzava via dalla bottiglietta e lo zaino che gli rimbalzava contro le ginocchia. Correvano come nessuno di loro avesse mai corso, il treno li rincorreva inconsapevole, veloce, rumoroso, le sue pesanti ruote in ferro facevano vibrare tutto il ponte. I cuori battevano come tamburi impazziti e schizzavano fino alla gola rompendo il fiato.

ARRIVA ARRIVA !!! CORRI CORRI !! SALTA SALTA…

Ralph corse come se non ci fossero altro che nuvole tra lui e il fiume, si sentiva leggero come un’anima senza peso, ora era il momento di saltare. Ralph raggiunse il bordo dall’altra parte e si lasciò scivolare lungo la massicciata di ghiaia bianca, la polvere gli si impastò con la saliva tanto da non permettergli più di gridare …” AVVRiVA.. CoVi …JAc… SaTTa...SatTA”.

Il cuore in gola, la bottiglietta nella mano destra, lo zaino nella sinistra, il treno appiccicato ai talloni che continuava a fischiare e fischiare e fischiare sempre più forte. Jack era come una pentola a pressione sul limite di esplodere.

Jack nello slancio di una corsa senza più controllo lasciò scivolare via lo zainetto e si catapultò verso il bordo del ponte a pochi metri dalla fine, li dove ancora la riva scherza con il vuoto in un irridente senso di sicurezza.

Il treno passò ragliando con tutti i suoi vagoni, come un mulo che deride due stupidi somari. La cadenza dei vagoni, uno dopo l’altro scandivano i secondi che separavano Ralph dall’inevitabile consapevolezza di aver perso il suo più caro amico in un modo tanto stupido quanto inutile. Infine con un secco rumore metallico l’ultimo vagone lasciò il ponte, le vibrazioni dei tralicci in ferro si affievolirono in un silenzio irreale fino a lasciare lo spazio ai suoni del bosco e al lento scorrere del fiume.


Continua

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Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

mercoledì 3 maggio 2017

…uomini o topi… (in attesa della pioggia)… continua


Uomini o topi....

Il sinuoso boa verde si scrollò di dosso le piccole ondine create dalla bottiglia come un cavallo si scrolla le mosche di dosso con un fremito della pelle.
Niente più che una breve ed intermittente modificazione dello stato di quiete, tutto qui.
Ralph e Jack si guardarono negli occhi e riguardarono il fondo del canyon e si riguardarono nuovamente negli occhi.
Jack fece una piccola smorfia con la bocca accompagnandola con un piccolo movimento di spalle, come a sottolineare che in fondo si trattava di una sciocchezza, nulla più che un fiume verdastro che scorre in fondo ad un burrone.
Forse non aveva tutti i torti, ma Ralph la pensava, allora, in maniera differente e i pensieri negativi si affollarono nella sua mente, tra l’istinto di sopravvivenza e l’incoscienza di un’età che ti mette di fronte al mondo, facendolo sembrare un luna park.
Le mani di entrambi si strinsero a suggellare un patto già benedetto dal sorso della cola, poi, Ralph,  tirandosi su i calzoni, infilando le dita nelle asole, disse a Jack con voce compatta e tono serioso : “Allora , facciamola sta cosa e non parliamone più!”.
Jack ebbe un piccolo sussulto, forse aveva immaginato una decisione diversa, forse avrebbe voluto che Ralph fosse più titubante, più timoroso, ma no, non lo fu.
“Si, Facciamola e non parliamone più” rispose a Ralph.
La decisione fu presa, ma nessuno dei due mosse un passo, quasi ad attendere che fosse l’altro a incedere per primo, si guardavano lanciandosi piccoli segnali non verbali, un piccolo movimento di sopracciglie, un lieve schiocco delle dita, il piede che striscia per terra segnando un piccolo solco scuro sul tappeto di erba secca, la mano che scivola tra i capelli a massaggiarsi la nuca.
Infine come un'unica anima, si mossero contemporaneamente, tanto che quasi le teste finirono per cozzare l’una contro l’altra.
“dai vai avanti tu”, suggerì Ralph,  più per educazione che per rispetto nei confronti dell’amico.
“Certo che vado avanti io” Rispose altisonante Jack “..io sono più vecchio di te!”
“No, sono più vecchio io, ma non fa niente, vai avanti tu”, ribattè Ralph.
L’erba secca gracchiava sotto il loro piedi, come uno scrosciante applauso. Si fecero largo tra le basse fronde che costeggiavano la massicciata di ghiaia bianca su cui riposavano le lunghe e pesanti rotaie.
Nessuna barriera, nessuna recinzione a proteggere gli incoscienti e insani malcapitati che  si trovavano a passare di li, ma del resto l’attenzione e la sicurezza ai tempi erano lasciati al buon senso e alla paura, se non c’è un limite perché superarlo.
Di sicuro le intensioni dei due andavano ben oltre la normale concezione di sfidare il pericolo solo per il gusto di farlo, la loro era una sorta di iniziazione, in fondo siamo uomini e non topi, come qualcuno disse.
Il sole caldo proiettava i propri raggi tra le travi del ponte che in un’unica campata attraversava il fiume, rimbalzavano lucidi sulle rotaie per perdersi nell’infinito.
 I due amici si avvicinarono silenziosamente al bordo del ponte, fino a fermarsi li, tra il limite , li dove finisce la terra e comincia il vuoto del cielo.
Le rotaie si estendevano diritte lungo tutto il ponte, appoggiate ad assi di legno imbrunite dalla ruggine e dallo sporco, assi nere, che si confondevano con le ombre proiettate dai tralicci in ferro.
Il primo passo fu simultaneo, si mossero all’unisono, come un sol uomo.
Subito dopo il secondo, poi un terzo e un quarto e un quinto passo, uno dietro l’altro, sicuri, insieme sembrava non essere tutto sommato una cosa così complicata.
Tra un asse e l’altro si vedevano le fronde dei cespugli che crescevano sotto la campata, sul limite della riva, ma al passo successivo un brivido colse entrambi, tanto da far tremare le ginocchia e far sentire il cuore battere più velocemente, la scossa di adrenalina che li pervase fu come una doccia fredda.
Ora tra un asse e l’altro non si vedeva che il vuoto, ora si che la cosa si faceva complicata.
La paura fece gelare loro il sangue e come una lucertola infreddolita le loro gambe esili si muovevano a rilento, insicure, le ginocchia vibravano come quelle di un vitellino nel suo primo tentativo di sollevarsi in piedi.
Gli occhi sgranati scrutavano attentamente dove poggiare la suola delle scarpe e contemporaneamente lanciavano uno sguardo atterrito alla sottile linea verde che non ricordava più nemmeno vagamente un fiume.
La paura fa brutti scherzi, su questo non avevano dubbi.



Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

martedì 28 marzo 2017

Continua... La lunga estate calda (In attesa della pioggia, racconto sul blog)


Continua... La lunga estate calda (racconto sul blog)

Cos’è che fa di un’amicizia un legame indissolubile? Cos’è che rende due persone tanto legate l’una all’altra? Ralph non si poteva dare una risposta, ne ora ne mai.
Esiste una chimica, una reciproca assonanza, come un puzzle che si incastra solo in un punto, solo in un verso, come un’attrazione compensativa, una sorta di amplificazione di energia.
L’amicizia non è come l’amore, l’amicizia è indissolubile, indistruttibile, puoi restare separato per anni da un amico e ritrovarti come se ti fossi lasciato pochi minuti prima.
Questo era ciò che tenne Ralph e Jack  uniti, come due facce della stessa medaglia, come il bianco e il nero, come la vita con la morte, l’uno senza l’altro erano semplicemente il vuoto.
Quell’estate fu una delle più calde che Ralph ricordava, calda e umida. La pioggia si fece attendere per mesi, i campi ingiallivano sotto il peso dei raggi del sole, la terra cuoceva trasformandosi in sottile polvere che si posava lenta appesantita dall’umido velo della notte.
Gli incontri tra Jack e Ralph diventarono un appuntamento fisso, si incontravano a metà strada ogni settimana, sempre più frequenti, tra la città e la campagna.
Ralph quell’estate ebbe in regalo per la promozione a scuola, una rossa bicicletta da cross, le gomme bianche e nere, il lungo sellino e delle grosse molle sulle forcelle anteriori che simulavano grossi ammortizzatori, in realtà non era proprio una bici da cross come quella che avrebbe voluto, ma non importava, perché quella rappresentava il suo primo passo verso l’indipendenza.
Con quella bici poteva muoversi liberamente, era la sua e di nessun altro, con quella bici avrebbe potuto andare ovunque i suoi sogni avessero voluto portarlo.

Ralph pedalava ogni giorno di quella calda estate verso i sogni e i sogni lo conducevano attraverso la scoperta quotidiana verso una realtà che faceva parte di un mondo parallelo, un mondo tutto suo in cui perdersi.
Jack non era così fortunato, lui non ebbe una bicicletta nuova per la promozione, a dire il vero nessuno si curò di lui, nessuno gli fece complimenti ne tantomeno si curarono di sapere se la scuola era terminata, semplicemente, nella totale indifferenza Jack continuò la sua esistenza senza che nessuno si preoccupasse di come fosse.
Le avventure attraverso i boschi, portarono i due amici ai limiti del mondo allora conosciuto, la dove la ferrovia si estendeva, sospesa nel vuoto, attraverso il lungo ponte di ferro che univa la contea al resto del mondo da una parte e li dove, attraverso le montagne, si infilava in una oscura e infinita galleria dall’altra.
C’erano giorni in cui arrivati ai limiti del mondo, restavano semplicemente seduti a guardare, a volte lo scorrere del fiume infondo al canyon a volte il buoi del tunnel.
Le voci portate dal vento suonavano tra i tralicci di ferro facendo vibrare il ponte quasi a cantare di storie lontane, le voci sussurrate delle anime che passavano sui vagoni portavano rapidamente via i pensieri, mentre Ralph e Jack fantasticavano su ciò che avrebbero un giorno trovato dall’altra parte.
Altre volte, restavano atterriti dal buoi del tunnel e dalle grida che echeggiavano rimbalzando sulle pareti di pietra, la luce  a stento penetrava nella galleria illuminando il breve tratto iniziale, quasi a spingerli ad entrare, come un richiamo, come un sinistro invito ad affrontare l’oscurità.
Tremavano come foglie al vento al sibilo del treno che sferragliava improvviso tra i silenzi del bosco, sollevando la polvere dalla massicciata e spargendo l’odore di ruggine tra le fronde degli alberi.
Il giorno in cui decisero di affrontare il ponte fu il primo tentativo di vivere oltre il limite che la loro età gli consentiva.
A posteriori chiaramente fu una scelta stupida, ma quante scelte stupide si fanno nella vita.
Ralph quella mattina uscì di buon ora con la mamma che gli gridava a gran voce di finire la colazione, senza speranza  di essere ascoltata gli intimò di non fare tardi, come oramai faceva sempre.
Ralph saltò in sella sulla sua rossa bicicletta come un provetto cowboy fa col suo fido destriero e cominciò a pedalare in direzione della ferrovia attraverso un sentiero che ogni giorno era sempre più marcato.
Arrivò presto Ralph, tanto che dovette aspettare a lungo Jack che con le sue minute gambe dovette camminare per qualche chilometro tra i prati e le strade sterrate che circondavano la città.
Quando lo vide arrivare Ralph non lo saluto nemmeno, “Dovresti comprarti una bici”, gli disse.
Jack scrollò la testa, “Uno di questi giorni ruberò la tua”, gli rispose.
Ralph lo guardò turbato, pensando che vista la sua situazione ne sarebbe stato anche capace, “Non provare nemmeno a pensarci” lo minacciò puntandogli il dito indice contro il viso.
“..e tu non  tentarmi”, gli intimò Jack.
Ralph nascose la bici tra le fronde, mentre jack si tolse il piccolo zainetto dalle spalle, lo appoggiò per terra e tirò fuori una bottiglietta di spuma rossa.
Estrasse un coltellino dalla tasca e con rapidità stappò la bottiglia. Il tappo schizzo in alto portandosi dietro il sibilo del gas.
Diede un sorso alla spuma,  “tieni, dobbiamo brindare alla nostra missione”incitò Ralph, porgendogli la bottiglia.
“dove l’hai rubata ?” gli chiese Ralph.
“Bevi e stai zitto”.
Più volte si passarono la spuma, sorseggiando a vicenda, come a dividersi in parti uguali il coraggio di cui avevano estremamente bisogno, fino a che una volta finita Jack lanciò la bottiglia vuota giù dall’irta riva coperta di alberi che finiva nel profondo Canyon.
Roteava la bottiglia fischiando e suonando, come la tromba in una carica di cavalleria, fino a perdersi in un tonfo sordo nelle verdastre acque del fiume.



Vortice di pensieri. Massimo Ginestri ©

mercoledì 1 febbraio 2017

CrAcK ... "Cose che si rompono" di Roberto Bonfanti - Recensione



RECENSIONE



Sono state giornate pesanti, tra il lavoro, gli impegni vari e quella sensazione di voler fare sempre quel qualcosa in più senza riuscirci veramente. Come quasi ogni giorno, oggi ho fatto una levataccia, la giornata grigia e umida, quell’umidità che ti fa percepire il tempo più freddo di quel che è realmente e che ti penetra come un coltello nelle ossa.


Per fortuna sono un “libero” professionista e come tale, ogni tanto posso far valere quella libertà di poter decidere come impegnare parte del mio tempo. Disdico l’appuntamento che avevo nel pomeriggio e resto a casa.


Metto su un disco di Chris Robinson e mi siedo sul divano, una tazza di caffè nero appoggiata sulla vecchia cassa di legno che fa da “appoggia tutto”, oggi ho voglia di finire il libro di Roberto Bonfanti, “Cose che si Rompono”.

Leggo e tutto intorno si fa scuro, le pagine scorrono veloci e la mente si proietta a capofitto, come attratta in un vortice, nella storia.

Sono agli epiloghi, gli atti conclusivi e finalmente tutti i pezzi come in un rewind cinematografico tornano al loro posto, uno dopo l’altro e la tazzina volata giù dal tavolo ritorna intatta.

La storia raccontata magistralmente da Bonfanti nel suo precedente romanzo “La vita è dura nei dettagli” qui prende una piega caotica (Treccani - Caos: Grande disordine, confusione, di cose o anche d’idee, di sentimenti) e complicata, quella che sembra una vita all’apparenza normale e tranquilla in realtà non lo è per nulla. Proprio come cocci, come i pezzi rotti sparpagliati per terra, non si riesce ad avere un’idea di quella che è la realtà delle cose, l’oggetto rotto perde la sua forma, i suoi tratti, solo alla fine una volta incollati tutti i pezzi si riesce ad avere l’immagine di insieme.

Tra sogni ed incubi ricorrenti, come fratture dell’anima, i personaggi si arricchiscono e crescono insieme alla storia e Claudio, qui il protagonista, suo malgrado fa i conti con quello che la vita da e la vita prende.

Si ritrova alla fine a raccogliere i pezzi di molte vite vissute, cercando conforto, anche, in un amore che deve fare i conti con il suo passato, con le esperienze vissute, con le cose rotte e mai aggiustate, con un futuro di cui in fondo si ha paura. Un Romanzo da leggere, che non si può racchiudere in una semplice recensione, un romanzo dalle mille sfaccettature che deve essere anche letto tra le righe.


Ogni racconto parla di un viaggio sotto diversi aspetti, qui forse il viaggio è quello più difficile perché è la vita stessa ed è come una strada con troppo traffico e tanti autisti maldestri, prima o poi qualcuno finisce per sbatterci il muso e rompersi qualcosa.

Però, in fondo se le cose rotte non si possono più aggiustare, la cosa più semplice da fare e di comprarne di nuove.

Già, alla fine , tutto sommato, basta prendersi il pomeriggio libero e andare a fare un giro con se stessi con il culo appoggiato sul sellino di una moto o restare a leggere un buon libro, dimenticandosi dei cocci sparsi per terra e del latte che macchia il tappeto.

Non posso far altro che dire BRAVO, dopo la “vita è dura nei dettagli”, Bonfanti non si perde, anzi costruisce una storia difficile, complicata, dalle mille sfaccettature e colpi di mano, la trama raffinata e originale, il modo di scrivere che non si perde e resta quello matematicamente caotico del prequel, un modo di scrivere che ti avvolge trasportandoti fino alla fine, anzi che ti spinge a finire il romanzo per capire il senso di tutto ciò che si è letto.

Un libro “Cose che si rompono” che riesce a farti restare a casa un pomeriggio della settimana, lasciando tutto il mondo fuori, che posso dire di più, non ci riusciva nemmeno la mia ex.

Assolutamente consigliato.
Massimo Ginestri